La pioggia cadeva incessante sulle terre che erano appartenute a lord Morholt Bolton: tutto il sangue che era stato versato ora si confondeva nel fango, fino a scomparire assorbito dalla terra scura.
Un uomo incappucciato spronava il suo cavallo in mezzo alla tempesta, senza che essa riuscisse a smuoverlo: gli zoccoli del suo stallone nero affondavano nel pantano che si era creato, ma la sua andatura non diminuiva. Il bagliore di un fulmine si fece largo fra le nubi, illuminando le mura di Forte Terrore, seguito da un rombo di tuono che scosse le fronde degli alberi attorno alla fortezza.
Le porte erano già aperte: forse lo avevano visto giungere da lontano in mezzo all’oscurità, o forse sapevano semplicemente che qualcuno doveva arrivare. Entrò.
Il cortile interno era deserto: dall’alto, pochi occhi nascosti osservarono la misteriosa figura smontare e portare il suo cavallo verso una stalla. Neanche lì c’era anima viva. Al cavaliere tornò in mente un’antica favola nera, che parlava di fantasmi che scendevano durante le notti più buie: pochi mesi prima avrebbe riso a quel pensiero e avrebbe biasimato se stesso per quell’inquietudine nascosta che occupava la sua mente. Prima, forse, ma non adesso.
Lasciò la sua cavalcatura lì: qualcuno a cui era stato ordinato di non vedere se ne sarebbe occupato. Si addentrò nel mastio, liberandosi del suo mantello fradicio. Una lama scura brillò alla luce dei bracieri, mandando i suoi riflessi per tutto il salone. Ai lati, piccoli rumori rivelavano presenze vive, celati nelle ombre.
Artos Stark posò istintivamente la mano su Ghiaccio, il poderoso spadone
in acciaio di Valyria che apparteneva da secoli alla sua famiglia. Lanciò una rapida occhiata alla sua sinistra, riuscendo a penetrare oltre le fiamme.
Ciechi. Attendevano ai lati che lui scomparisse per cancellare ogni traccia del suo passaggio. Gli ci vollero alcuni secondi per ricordarsi di averli già visti durante la sua ultima visita, quando i loro bulbi ancora risiedevano nelle cavità oculari. Non parlavano. Se ne stavano lì immobili come tetri spiriti, privi di qualunque volontà. Chi poteva avere tanto potere da poter fare una cosa simile, senza che nessuno lo fosse venuto a sapere? Chi poteva incutere tanto timore? Neanche Morholt Bolton era stato capace di tanto. Artos Stark, però, sapeva.
Percorse la lunga scalinata che portava ai piani superiori senza voltarsi. Ciò che lo attendeva in cima lo fece rabbrividire: un uomo senza luce negli occhi lo attendeva immobile come una statua, fissando il buio di fronte a sé: la sua bocca era stata cucita con del filo nero. Il lord non dovette dire niente che costui alzò il braccio destro, indicandogli un corridoio laterale.
Avanzò in mezzo all’oscurità: la salda impugnatura di Ghiaccio non gli dava più alcuna sicurezza. In fondo, una pesante porta socchiusa lasciava filtrare un po’ di luce. Appoggiò la mano sul legno freddo e spinse: sapeva di essere atteso.
All’interno della stanza c’era una sola persona. Era un uomo nel fiore degli anni, con una chioma biondo platino raccolta in un codino dietro la nuca, lasciando l’ampia fronte scoperta. I suoi tratti erano delicati e invitanti, come una ragnatela che brilla sotto i raggi del Sole. A prima vista, forse, poteva non sembrare pericoloso, ma i suoi occhi viola, profondi e inquietanti come un abisso, avevano qualcosa di diabolico, come se non appartenessero a una creatura umana. Il fuoco del camino che lo illuminava sembrava rivelarne una natura più spaventosa e antica.
Di fronte a quell’immagine, Artos Stark chinò la testa, accennando un saluto.
– Principe…
– Sedetevi, lord Stark – disse l’uomo, riempiendo due coppe di vino caldo. – E, vi prego, abbandonate subito queste formalità. Sono solo un Maestro della Cittadella.
Il Protettore del Nord si sedette di fronte a lui, mantenendo a stento il suo sguardo di ghiaccio.
– Spero che il mio messaggio non vi abbia creato troppo disagio. So che vi siete trattenuto alla Barriera per favorire una pacifica successione per il Lord Comandante, dopo la tragica e accidentale dipartita di Caswell.
Artos sorseggiò il vino, lasciando che il calore si propagasse nelle sue membra prima di rispondere.
– So che volevate parlarmi con urgenza, Maestro Aemon. Spero che non riguardi la morte di vostro fratello Aerion: vostra sorella ha già espresso molto bene la sua furia per il fallimento della squadra che doveva recuperarlo. Ne sa qualcosa ser Arryn, precipitato per sbaglio giù dalla Barriera.
Aemon Targaryen ignorò quell’insinuazione non troppo velata. – Mio fratello era un pazzo e uno sciocco; mia sorella Rhae è una bambina viziata. Sono certo che Gowen Baratheon ha fatto quanto poteva. Nessuno piangerà la triste fine del Primo Ranger.
– Allora qual’è il motivo della mia presenza qui? – insistette Artos. Il tono irritato della sua voce era un chiaro segno del suo nervosismo.
– Volevo soltanto parlare con voi di come troverete cambiato il mondo quando varcherete le porte di questa fortezza maledetta per tornarvene al vostro freddo focolare.
Artos si lasciò scappare una vuota risata.
– Se non ve ne siete accorto, il mondo è già cambiato.
– Ah, come darvi torto, lord Stark? Tutti questi morti, tutta questa paura! Chi avrebbe mai potuto immaginare che un semplice pazzoide avrebbe potuto mettersi in contatto con forze tanto sinistre e creare un’oscura trama di paura che avrebbe potuto trascinare per sempre i Sette Regni nel terrore e nella morte?
– Che a Re Maekar piaccia o meno ammetterlo, ciò che è stato messo in moto da questo oscuro individuo non può essere fermato.
– Su questo avete ragione, Lord Stark, ma non nel senso in cui lo intendete voi.
Artos fissò perplesso Aemon Targaryen, il quale, senza abbandonare il suo inquietante sorriso, si alzò e si mise a fissare la tempesta da una delle ampie vetrate.
– Il Re è morto.
Quattro semplici parole, ma che Artos Stark sentì cadersi come un macigno. Se Maekar Targaryen aveva abbandonato la terra dei vivi, allora …
Il Lord di Grande Inverno si alzò di scatto e si inginocchiò di fronte al Maestro della Cittadella. – Lunga vita al Re!
Aemon lo guardò con uno sguardo privo di emozione, come se fosse immensamente distante da ciò che era avvenuto.
– Sono lusingato dalla vostra lealtà, milord, ma non sarò io il nuovo sovrano.
Artos rimase interdetto: tutti sapevano che, una volta morto Maekar, il Concilio Ristretto avrebbe offerto la corona a lui. – Avete rinunciato al Trono di Spade? Perché?
– Non ho mai ambito a diventare Re. Mio fratello Aegon sarà capace di reggere benissimo i Sette Regni, molto meglio di quanto non saprei fare io. Io mi unirò ai Guardiani della Notte, e veglierò sul Reame fino a quando avrò vita.
– Il Reame sarà più al sicuro se voi faceste parte del Concilio Ristretto, non su un muro di ghiaccio a tenere a bada dei selvaggi.
– Sa benissimo quale pericolo incombe su di noi, Lord Stark. Sono sicuro che anche lei ha voluto sentire tutta la storia.
Il pensiero di Artos corse al folle racconto di Gondar Mormont e degli eventi che avevano seguito la morte del Primo Ranger.
– Molti valenti uomini si sono battuti per bloccare tali forze. Alcuni non hanno fatto più ritorno.
– Purtroppo ciò contro cui hanno combattuto fa parte di un sapere arcano, nascosto ai più. Non potevano sapere che la venuta del Grande Inverno è stata solo rimandata. È come avete detto voi, Artos: ciò che è stato messo in moto non può essere fermato; possiamo solo attendere e preparare il mondo a fronteggiare la sua fine.
– State dicendo che non possiamo fare nulla?! Non posso crederci! Quando tutto questo verrà alla luce …
– Tutto questo non vedrà mai la luce.
Artos rimase senza parole: da quando il seme della follia aveva invaso la mente di Aemon Targaryen?
– Questo viaggio non è una semplice marcia per mettermi da parte in silenzio, per evitare che qualche altro Blackfyre mi usi per spodestare mio fratello. No, ciò che mi sto lasciando dietro è un mondo diverso da quello che avete lasciato, entrando qui dentro.
– Cosa intendete? Spiegatevi, dannazione!
– Tutto ciò che è accaduto non lascerà alcun ricordo nella storia dei Sette Regni. Forse qualche racconto sopravviverà per essere narrato dai vecchi durante le notti d’inverno, ma, col tempo, anche essi cambieranno, si mescoleranno ad altro, aneddoti diversi o ricordi falsi. La Cittadella provvederà invece a cancellare questi eventi dalle Cronache ufficiali, così che le nuove generazioni non sapranno nulla di tutto questo. Così sarà anche per i nomi di coloro che hanno avuto un ruolo in tutto questo, da Alderon Lannister, a Theana Bolton a vostro figlio, Devon. Il vostro secondogenito Edwyle sarà l’unico erede di Grande Inverno.
Artos strinse i pugni, deciso a non accettare ciò che quel pazzo gli stava imponendo.
– E cosa intendete fare per i morti che sia il Nord che il Sud hanno subito? Cancellerete anche quelle?
– Nessuna delle casate nobiliari si è estinta a causa di questo massacro, e presto salterà fuori un erede più o meno legittimo anche per le sedi che ora paiono vacanti.
– Come potete chiedere di dimenticare a coloro che sanno? A coloro che hanno vissuto questa follia sulla propria pelle?
– Semplicemente non lo farò: io gli ordinerò di tacere. Voi ed io ci assicureremo che lo facciano, fino a che avranno vita. Alderon Lannister sarebbe stato un problema, ma la sua scomparsa lo trasformerà definitivamente nella leggenda che ha sempre desiderato essere, e, come ho già detto, le leggende sono facili da alterare.
– Gondar Mormont non se ne starà buono.
– Lo so. Ho già dato disposizioni per questo: appena avrà sparso il suo seme a dovere, finirà in silenzio fra le braccia dello Sconosciuto. Così accadrà a tutti gli altri che rievocheranno questi tristi fatti, almeno fino a che non giungerà il Grande Inverno.
In quel momento, Artos sentì una scossa di terrore attraversargli la schiena: davanti a sé aveva davvero un essere umano? Si sentiva come paralizzato, intrappolato in una ragnatela che, muovendosi, lo faceva oscillare come una marionetta, una trama dalla quale era impossibile liberarsi. Cadde in ginocchio, incapace di reagire.
Aemon Targaryen aveva finito con lui: questa era l’ultima parte che il Protettore del Nord avrebbe giocato sulla scacchiera di quella tragica cronaca.
– Questo è tutto Lord Stark. Domani mattina questa fortezza tornerà ai suoi antichi fasti e nulla rimarrà di tutto questo. Tornatevene a Grande Inverno e riprendete il vostro ruolo. – concluse il Maestro, che fece per andarsene quando gli venne in mente qualcos’altro. – Un ultima cosa: in questo momento, il giovane che un tempo si chiamava Devon Stark sta attraversando le acque del Mare Orientale, diretto a est, al fianco della donna per cui ha rinunciato al suo destino.
Un lampo attraverso la mente di Artos: come poteva Aemon Targaryen conoscere tutto questo? Come poteva sapere i particolari della storia che nemmeno chi ne aveva mosso i fili sapeva?
Forse leggendo la sua espressione, il Maestro della Cittadella che aveva rifiutato la corona, pronuncio le ultime parole che Artos Stark udì uscire dalla sua bocca.
– Me l’ha sussurrato un corvo.